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"L'illustre terra di Massa nell'Umbria", come afferma Carlo Ridolfi, "vive, tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del secolo successivo, un momento particolarmente intenso di cambiamenti e di sviluppo, forse il migliore di tutta la storia […]. Massa Martana ebbe nel corso dei secoli diversi nomi. Dal romano Vicus Martis, sicuramente documentato tra il 200 a.C. ed il terzo secolo dell'era volgare, si passa alla mitica Civitas Martana del IV-V secolo d.C., menzionata nelle numerose leggende agiografiche medioevali ma che probabilmente non è mai esistita. Per tutto il Medio - Evo fu chiamata Castrum Masse, Castello di Massa, quindi Terra di Massa dagli ultimi decenni del 1400 (la data più remota in cui è stata riscontrata tale denominazione è finora, il 1481) fino all'inizio del secolo XIX. La Comune di Massa compare nei documenti del breve periodo napoleonico dal 1814 al 1863, infine, con Regio Decreto 1260 prese l'attuale nome di Massa Martana […]. Al consolidamento, definitivo, della propria autonomia politica ed amministrativa nei confronti della vicina Todi fa riscontro una costante, anche se discreta, crescita economica e demografica che darà i primi segni di cedimento soltanto verso la fine del secolo XVII. Esteriormente e visibilmente il periodo di floridezza si manifesta soprattutto in un ragguardevole rinnovamento edilizio con la costruzione e l'ampliamento dei principali edifici pubblici e religiosi che vengono anche impreziositi con importanti e pregevoli opere d'arte, mai più eguagliate nei secoli successivi […]. Il discreto benessere, conseguente al buon andamento delle attività economiche, la crescita costante della popolazione e la consapevolezza sempre più diffusa di essere una realtà umana e sociale ben caratterizzata da una tradizione storica con una propria dignità, conseguita attraverso le lunghe lotte per l'autonomia politica, rendono disponibili alcune risorse finanziarie e spingono la Communitas a darsi, anche esteriormente, un'immagine più rappresentativa e dignitosa con la realizzazione di opere pubbliche e religiose che, dessero testimonianza di questi sostanziali progressi. Per prima cosa è il continuo crescere della popolazione a rendere necessario l'ampliamento della chiesa parrocchiale di San Felice, troppo angusta per contenere tutto il popolo della Terra di Massa. Pertanto il 16 Aprile del 1560 il Consiglio Generale decide di provvedere a questa necessità a spese del Comune ed elegge 7 uomini responsabili a sovrintendere alla fabbrica. I lavori si protrarranno per molto tempo, ed anche con incertezza sull'aspetto definitivo da dare alla nuova chiesa. Dopo circa 15 anni, il 24 Settembre 1574, il visitatore apostolico Pietro Camaiani trova la chiesa “satis incompositam ac deformem” ; solo l'altare maggiore, dove è dipinta “l'Ultima cena”, è in uno stato soddisfacente. L'altro altare, con il quadro del SS. mo Rosario, è troppo angusto e non idoneo alla celebrazione dei riti sacri ed il resto dell'edificio è in condizioni così confuse che sembrano due chiese in una. Tale situazione di incertezza permane ancora nel 1580 e nel 1592. Finalmente il 15 Febbraio 1598 il Consiglio si decide a dare una definitiva soluzione alla fabbrica stanziando la somma di trecento scudi per “dar forma” alla chiesa di San Felice “et rinnovarla”. Appena tre giorni dopo, il 18 Febbraio, il vescovo di Todi Angelo Cesi, informato della cosa, scrive ai priori di Massa compiacendosi della decisione e informandoli che egli stesso verrà a Massa, dopo l'ottava di Pasqua, per fare cresima e per decidere con loro e con un architetto il modello della chiesa. Questa volta i lavori procedono con maggiore speditezza e già nel Febbraio del 1603 la fabbrica ha assunto l'aspetto definitivo tanto che lo stesso vescovo Cesi può incaricare il suo vicario Paulus de Ruschis, di recarsi a Massa per autorizzare e per stabilire l'ordine di erezione degli altari e delle cappelle laterali che vengono costruiti ed ornati con il concorso delle varie confraternite religiose e di alcune famiglie locali. La chiesa può dirsi terminata nel 1607 quando riceve la visita del cardinale Marcello Lante, nuovo vescovo di Todi, che elogia i massetani per la bella opera realizzata sebbene non ancora del tutto “redactam ad perfectionem”. Perfezione che invece è raggiunta nel 1610 e che vede la chiesa molto più grande di quella originaria ed ornata di ben otto altari oltre a quello maggiore. L'altare maggiore, detto anche del Crocefisso, per il grande crocefisso ligneo in esso collocato in un primo momento, viene poi dedicato al titolare della chiesa, San Felice vescovo e martire, della Città Martana e patrono della Terra di Massa. Una statua del Santo patrono sostituisce allora il crocefisso che viene spostato altrove e nell'altare viene anche eretta la Confraternita del Santissimo Sacramento. Successivamente l'altare verrà modificato e, dopo la costruzione della scenografica fabbrica lignea, verrà ornato, nel 1723, con la pala d'altare di Giacinto Boccanegra raffigurante la Vergine del Carmine che regge il Santissimo Sacramento tra il Beato Ruggero, San Felice, Santa Monica e San Pio V". Attualmente l'edificio è il risultato di molteplici rifacimenti e restauri, l'ultimo dei quali si è reso necessario a seguito delle distruzioni di un bombardamento aereo avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale. La facciata è costruita con blocchi di pietra squadrata ed è scandita dalla presenza di quattro lesene. Dalla balaustra superiore si eleva il campanile eretto nel 1637 con il concorso del cardinale Barberini. L’intervento strutturale realizzato è di miglioramento sismico, come previsto dal D.M.16.01.1996 per le costruzioni esistenti; in particolare le operazione tecniche progettate consistono nella ricostituzione delle capacità strutturali, nella cura delle patologie riconosciute ed in ulteriori provvedimenti volti alla riduzione degli effetti sismici. Non si è ravvisata la necessità di intervenire in fondazione visto che nella struttura portante della chiesa non si sono riscontrati dissesti attribuibili a cedimenti delle fondazioni e che gli stessi non risultano verificatesi in passato. Sono stati previsti interventi per: - legare gli angoli della navata; - assicurare il collegamento del corpo basso parallelo all’asse longitudinale della chiesa ed inglobante la cappella laterale; - rinforzare le paraste in corrispondenza delle lesioni di taglio; - rinforzare gli arconi trasversali sui quali poggia il tetto. Per le volte leggere di laterizio, lesionate in alcune zone lungo la generatrice, funzionanti da controsoffitti, sono state applicati nastri di fibre di materiale composito, incollate direttamente sull’estradosso della struttura da rinforzare. Il tetto della navata è stato sostituito con una struttura realizzata con arcarecci metallici controventati e lamiera grecata. Il tetto spingente in legno, del corpo di fabbrica inglobante la cappella laterale, avente sezioni resistenti inadeguate, è stato ricostruito in legno con catene in ferro orizzontali per assorbirne le spinte; analogo intervento è stato eseguito anche per la copertura in corrispondenza del torrione. Ad integrazione delle catene messe in opera a cura della Soprintendenza, per collegare mutuamente le murature della navata, sono state inserite catene costituite da barre tonde longitudinali al di sopra del cornicione interno della navata. Il rifacimento dell'impianto termico è stato realizzato tramite l'inserimento di pannelli radianti a pavimento (miglioramento del confort, riduzione dei consumi e miglioramento dello spazio della Navata tramite l'eliminazione dei termoconvettori). L’illuminazione interna è stata pensata e realizzata con l'intento di valorizzare l'impianto geometrico, le membrature architettoniche e tutti gli elementi decorativi che compomgono l'area presibeteriale.