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Progetto presentato nel concorso per le scuole innovative (area di Albenga, progettisti arch. Roberto Miniero e ing. Noris Pegoraro). Questo progetto pone molteplici quesiti: l'innovazione passa per la qualità dello spazio oppure è valutabile nella quantità di aggeggi informatici presenti? l'innovazione prevede che le aule siano correttamente orientate oppure va bene anche se sono orientate a nord? l'innovazione deve promuovere la totale inclusività abolendo le barriere edilizie? Ed ancora: la lezione di Hans Scharoun è veramente superata? I progettisti di oggi possono ignorare le ricerche di architetti come Fehling & Gogel, Gunther Behnisch oppure Louis Kahn? Proprio L. Kahn scriveva:
“Penso alla scuola come ad un ambiente fatto di spazi in cui è bello imparare. Le scuole nacquero quando sotto un albero un uomo che non sapeva d'essere un maestro incominciò a discutere il suo pensiero con persone che non sapevano d'essere degli allievi. Gli allievi ripensarono a quello scambio di ragionamenti, e a quanto era bello insieme a quell'uomo. E desiderarono che anche i loro figli ascoltassero ciò che quell'uomo andava dicendo. Tosto vennero eretti degli spazi e nacquero le prime scuole. L'istituzionalizzarsi della scuola fu inevitabile, poiché essa faceva parte delle aspirazioni degli uomini. I nostri sistemi educativi, ormai trasformati in Istituzioni, derivano da quelle piccole scuole, ma lo spirito che aveva improntato i loro inizi è oggi dimenticato. I locali che occorrono alle nostre istituzioni pedagogiche sono stereotipi e aridi. Le aule, identiche ed uniformi, richieste per un Istituto, i corridoi a sequenza di scatole chiuse e gli altri cosidetti spazi funzionali sono naturalmente arrangiati e presentati in nitide e linde confezioni dall'architetto che si attiene strettamente alle esigenze d'area ed ai limiti di preventivo stabiliti dalle autorità scolastiche. Queste scuole possono magari anche essere belle a vedersi, ma hanno ben poco a che fare con l'architettura, poiché non hanno più nulla che ricordi lo spirito dell'uomo sotto l'albero. L'intero sistema scolastico che si è dipanato da quell'inizio non avrebbe potuto esistere se proprio quell'inizio non fosse stato in armonia con la natura dell'uomo. In una scuola che sia veramente un corpo di spazi entro cui è cosa buona e bella l'apprendere, le misure del corridoio richiesto dalla norma, rese cospicue per studente, potrebbero dar luogo ad uno spazio grande ed accogliente, in cui sarebbe piacevole entrare. I corridoi potrebbero essere annessi alle aule, a disposizione degli studenti perché ne ricavino essi stessi gli spazi di cui abbisognano, più ampi ed attrezzati, con nicchie di lavoro da cui si vedano i giardini. Potrebbero diventare gli ambienti dove il ragazzo s'incontra con la ragazza, dove lo studente discute il lavoro del professore con i suoi compagni di studi. Col connettere questi spazi al periodo d'uso che corrisponde all'aula, anziché al tempo del passaggio da aula ad aula, ne nascerebbe una struttura di collegamento che ha del luogo di riunione collettiva, anziché del corridoio; un ambiente cioé che consenta e faciliti la possibilità per ciascuno d'apprendere da se. Questa struttura tipologica si traduce in un'aula che appartiene agli studenti. Le aule dovrebbero evocare il loro uso, tramite la varietà dello spazio, anziché adattarsi allo standard dimensionale che è proprio usuale della caserma, giacché uno dei pensieri più belli che sono arrivati a noi daquell'uomo che parlava sotto un albero è che si deve sempre riconoscere la singolarità di ogni uomo. Un insegnante o uno studente non sono la stessa persona quando si ritrovano con pochi altri in un ambiente raccolto, davanti ad un camino, e quando sono invece, in compagnia di molti altri, in un ambiente largo ed alto. Ed il momento in cui ci si riposa prendendo uno spuntino non fa forse anch'esso parte del tempo dedicato all'apprendere? Lo spazio possiede poteri singolari e detta l'impronta di ciò che facciamo. Ciò, unito alla singolarità di ogni persona, suggerisce una varietà nel configurarsi degli spazi, unitamente ad una varietà dei modi della luce naturale, dell'orientamento e dei giardini. Questi spazi, così configurati, contribuiscono al nascere e concretarsi delle idee per tutto il corso degli studi, al miglioramento del grado e dei modi del rapporto fra insegnante e studente ed alla vitalità della scuola nello sviluppo dell'istituzione. La piena coscienza di ciò che caratterizza in modo particolare il campo dell'organizzazione degli spazi adatti ad una scuola permette all’istituzione pedagogica di stimolare l'architetto alla consapevolezza di ciò che la Scuola esige d'essere, il che è lo stesso che dire, di che cosa è la forma-scuola. Per questa via l'architetto riveste un compito che va ben oltre a quello del mero progettista.” (da un testo di L. Kahn del 1961)