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Il progetto di restauro riguarda una chiesa del XIII secolo, trasformata nel tempo, abbandonata e in parte crollata. Con l’obiettivo di costruire un luogo per attività culturali, l’intervento è un’occasione per configurare il racconto delle stratificazioni. La chiesa è a navata unica con due cappelle sporgenti che la trasformano in una particolarissima croce greca. Il progetto legge e conferma il carattere tipologico della fabbrica confermandone la continuità spaziale. All’interno, la poetica della luce contribuisce al disvelamento della storia del manufatto, che si legge nelle tracce di affreschi nascosti e negli apparati cromatici via via sovrapposti e riportati alla luce. Segni e significati riemergono da un passato remoto e sono testimoni del divenire della costruzione. Il percorso di scoperta del progetto è orientato alla ricerca di un nuovo equilibrio; si snoda secondo la logica del frammento; svela le diverse vicende costruttive del manufatto e la presenza di ben quattro cicli di decorazione. Sotto lo stesso sguardo adesso è possibile cogliere quanto il tempo ha conservato e restituito: una cripta prima inaccessibile, pitture tornate a occupare il posto originario, colori e raffigurazioni e, infine, il volto di San Sebastiano: prezioso affresco di inizio Cinquecento celato all’interno di una intercapedine. Lo spazio si riappropria della sua intrinseca sacralità e di un nuovo senso e mette insieme linguaggi di diverse epoche, all’interno di un’unica sintassi. Pareti, volte e pavimento costituiscono un continuum avvolgente, un apparato narrativo neutro e, allo stesso tempo, eloquente nella monocromia del bianco. Una spazialità moderna custodisce le memorie e ricompone i frammenti. Alcune parti ed elementi dell’architettura sono state consolidate o ricostruite rispettando le tecniche tradizionali. Esse, drammaticamente narrano le deformazioni, i crolli, la corruttibilità della materia, diventando, così, monito dell’azione distruttiva dell’uomo e del tempo.