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Il progetto intrapreso è un processo dialogico tra la geografia del luogo, il territorio e la sua storia.
Metaurilia nasce negli anni 30 a sud di Fano, come opera di bonifica integrale. Si edificano 115 case coloniche per ortolani che per vivere praticano anche la pesca. Il tempo e la cementificazione improvvisata oscureranno questo intervento riportandoci ad oggi la percezione di un ambiente come una lunga sequenza alternata di pieni e vuoti ai lati della statale, una cortina edilizia di dubbia qualità architettonica e soprattutto priva di quelle peculiarità che fanno di un luogo uno spazio Identitario.
E’ dall’esigenza di riscattare un proprio carattere, di valorizzare un patrimonio esistente, che prende corpo il dialogo tra luogo e funzione, tra architettura a la sua fruizione.
Tra identità ed oggettive esigenze di spazio inizia un processo di trasformazione, come una metamorfosi che non disconosce l’ origine, ma che assumerà un nuovo aspetto per riconoscercisi.
Il Primo Atto è quello di Lettura dello Spazio individuando gli elementi estranei, le superfertazioni che nel tempo si sono sedimentate aggregandosi al corpo originario mutandone l’ aspetto.
Il Secondo Atto equivale ad un intervento chirurgico di asportazione di tali elementi e il conseguente ripristino temporaneo dello stato originario: un’ operazione di ripulitura alla stregua di un foglio bianco sul quale cominciare a ridisegnare il futuro.
Il Terzo Atto è la Riscrittura dello Spazio.
E’ in questo momento che il progetto deve trovare il giusto equilibrio sui temi fondamentali: l’ ampliamento dell’ edificio e la piazza come luogo pubblico.
Di nuovo interveniamo come chirurghi ritagliando il suolo e sollevandolo ad un primo livello ponendolo in relazione con i nuovi livelli del museo.
Ha origine così un nuovo organismo che è contemporaneamente spazio interno ed esterno, che abbraccia parzialmente il vecchio edificio e lo accompagna sulla grande piazza.
Una struttura che non nasce con la presunzione di p farsi notare, ma si relaziona e si integra con il contesto, dilatando lo spazio pubblico e diventando essa stessa piazza.
La pelle che l’ avvolge trae di nuovo spunto dalla storia del luogo. Il fascino della materia, le immagini di casse contenenti ortaggi, la fatica intrisa: in sintesi un rivestimento che assimila l’ architettura ad un grande contenitore virtuale che narra la storia di una Metaurilia antica ma anche odierna.
Contenitore anche fisico di piccoli orti e piantumazioni che vengono scoperti lentamente e con cura nel percorso che si arrampica sull’ architettura stessa. Passo dopo passo si incontrano presenze vegetali come pause naturali di un placido vagare. Salita a gradoni che diventano anche sedute, ma salita anche attraverso una rampa per chi si sposta diversamente.
La Piazza come elemento liquido permea gli spazi che circondano il museo e la chiesa, diventa trait d’ union, assume il ruolo di legante e soprattutto si fa vivere amabilmente.
Crea un contesto organico che pone in relazione i luoghi e le rispettive funzioni, ma è essa stessa protagonista in modo armonico, pratico e suggestivo.
Il dialogo dal quale siamo partiti ci ha condotti fin qui. La nostra architettura non ha la pretesa di trovare soluzioni definitive ma persone, incontri, aneddoti e racconti ci hanno portati a questa risoluzione affinché Metaurilia e il suo Ecomuseo possano riscattare una propria Identità in maniera coerente.